mercoledì 13 maggio 2015

Cambio della guardia a Repubblica Napoli.

Giustino Fabrizio lascia la direzione del dorso partenopeo di Repubblica e ringrazia cosìi suoi lettori:

Il mio saluto ai lettori su Repubblica Napoli del 13 maggio
QUASI QUARANT'ANNI VISSUTI NEL VOSTRO GIORNALE

Lascio la guida di questa redazione e mi passano davanti agli occhi le emozioni di una vita. Ho cominciato questo mestiere 43 anni fa, ho scritto il primo articolo per “Repubblica” nel 1978 e da allora la mia identità si è intrecciata con quella di un giornale che nacque piccolo, divenne dopo pochi anni il più diffuso nel Paese e oggi è la prima testata italiana nella classifica mondiale dei siti web d’informazione.
Ricordo la telefonata di Scalfari, preannunciatami dal centralino, quando ero vice corrispondente da Napoli. Ero a casa dei miei genitori, mi impossessai dello studio di mio padre, chiusi la porta e mi piazzai davanti al telefono. La comunicazione fu breve: “Ué, sei ancora lì, quando vieni a Roma? Ti assumo”. Ero già partito, ovviamente.
Montecitorio, Palazzo Madama, i congressi dei partiti, in giro per l’Italia. Ma soprattutto piazza Indipendenza: la redazione centrale ancora tutta su un piano solo (oggi è distribuita tra più palazzi), dove si costruiva il giornale e dove ogni giorno di quegli anni Ottanta il direttore leggeva i bollettini della marcia inarrestabile: abbiamo superato il Messaggero, abbiamo preso la Stampa, abbiamo raggiunto il Corriere! Le riunioni del mattino erano uno spettacolo: avrei pagato solo per guardare, invece avevo una parte anch’io. Fare il giornale con i miei colleghi, scrivendo articoli ma soprattutto scegliendo la gerarchia dei fatti, i titoli, l’impaginazione, la sequenza della narrazione, mi piaceva molto. Fui promosso caposervizio al settore di politica interna, quindi caporedattore all’ufficio centrale. Ero lì quando al posto di Scalfari arrivò Mauro. Fu un trauma: non era immaginabile che ci potesse essere un direttore che non fosse Scalfari. Ma soprattutto non era immaginabile, vent’anni fa, che questo nuovo direttore potesse essere anch’egli così bravo.
Con lui ho trascorso tre anni in cui ho imparato tanto, poi mi ha chiesto di andare a Palermo, dove sono stato dal 1999 al 2004, per radicare “Repubblica” in un territorio difficile. A Napoli, invece, la redazione ha appena compiuto venticinque anni, quasi metà dei quali sotto la mia guida. Il mio grazie va a chi ha avuto stima e fiducia in me: Eugenio Scalfari, Ezio Mauro, l’editore Carlo De Benedetti.
Un ringraziamento sentito ai lettori. Alcuni scrivono, telefonano, inviano segnalazioni, vengono in redazione, gli altri rinnovano tacitamente ogni giorno il rapporto di fiducia. Ci siamo visti intensamente – eravate palpitanti, festosi – nel giugno scorso alle iniziative messe in campo per Repubblica delle Idee. Abitiamo una città che cattura la nostra attenzione con i suoi problemi e la distoglie con le sue bellezze, creando quella doppia spirale di fascinazione e rifiuto in cui ci sentiamo imprigionati. È vero, a volte bisogna scansare la buca o la carta sporca, ma qui si vive la fierezza e la consapevolezza di abitare un luogo il cui patrimonio è immenso, una città già nel Settecento definita l’unica italiana con l’aria di una capitale europea.
Ringrazio i miei compagni di lavoro, a uno dei quali, Ottavio Ragone, professionista di valore al mio fianco per un decennio, sono lieto di consegnare le chiavi della nostra cronaca. Il mondo dell’informazione è profondamente cambiato, chiede ai giovani sacrifici enormi, dà in cambio pochissime garanzie. Alle ragazze e ai ragazzi di questa redazione va il mio incoraggiamento. Per me si aprono altre prospettive.

Giustino Fabrizio

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