sabato 17 gennaio 2015

(Ancora) due paroline su Repubblica e Charlie Hebdo.

Riceviamo e volentieri pubblichiamo:

Caro Pazzo e cari PPRine e PPRini tutti,
 
in questi giorni in cui tra pessime notizie (la strage di Parigi), come al solito preponderanti, e alcune buone, cioè la liberazione di Greta e Vanessa (avviso agli adoranti dei marò, LORO non hanno ucciso nessuno), giustamente tra le prime pagine che non dimenticheremo, in tanti ci si interroga sulla libertà di parola e di satira. 

Dibattiti troppo importanti per dipanarli qui, ma immagino che a nessuno di noi accaniti lettori di Repubblica sia sfuggito l'articolo di Stefano Rodotà. Strepitoso, come sempre.

Una cosa mi è dispiaciuta, e molto: vedere che Repubblica non ha colto la possibilità di rilanciare Charlie Hebdo in Italia come ha fatto Il Fatto Quotidiano. Non è una questione di cimeli o peggio, è una questione di far circolare le idee e contrastare le ipocrisie e le lacrime di coccodrillo così copiose da quel maledetto 7 gennaio. Per far conoscere Charlie Hebdo anche in Italia, e cercare di comprendere perché è così fastidioso per il potere, qualunque esso sia. 

Perché c'è da scommetterci che il 90% degli italiani, il popolo che legge meno in Europa, fino al 6 gennaio manco sapeva cosa fosse Charlie Hebdo. E la nostra ignoranza si è palesata nelle manifestazioni di solidarietà, così misere rispetto a tanti altri paesi. Tutto questo fa rabbia, diciamocelo chiaramente, al pari dei messaggini via whatsapp con le matitine, magari da persone che di politica non si interessano e che forse nemmeno sanno il numero esatto dei morti del 7 gennaio.
 
Già Marco Travaglio, all'indomani della strage, dagli studi di Servizio Pubblico, aveva raccontato, citando come è solito fare, la lotta continua di questa casta, anzi cosca, politica contro la satira ed il dissenso, che viene da lontano. Inutile quindi che ora tutti cerchino di travestirsi da paladini della stessa. Ci siamo già dimenticati del periodo berlusconiano? 

Sentire poi la Santanchè che si offre volontaria per pubblicare Charlie Hebdo è davvero troppo, ed il perché è talmente lampante che non serve aggiungere altro. 

Peccato davvero, da un giornale che ha fatto della libertà di stampa battaglie epocali, che ha tra i suoi editorialisti l'ex direttore di Cuore, mi sarei aspettato di meglio. Il paradosso è che non solo Il Fatto Quotidiano pubblica, anche a beneficio economico delle famiglie dei caduti, il numero intero, ma anche il Corriere (pulendo però le più scabrose, facendolo sembrare un quotidiano preso direttamente da "Sostiene Pereira") parzialmente lo fa e, paradosso dei paradossi, sull'ultimo numero dell'Espresso vengono pubblicate non solo le foto della redazione dopo la strage ma anche tante vignette di disegnatori nostrani. 

Insomma in poche parole, citando Mario Natangelo (è sua la vignetta qui sotto), che a corollario della questione ha disegnato una vignetta strepitosa:
                  
"il miglior gesto in questo momento è veicolare le idee, anche se non ci piacciono. Perché tutti anche in Italia possano avere tra le mani Charlie e capire davvero di cosa stiamo parlando. E magari capire che no, in Italia non siamo Charlie Hebdo, purtroppo. E non è che non abbiamo il coraggio. Non ne abbiamo la cultura."

L.L.

2 commenti:

virgela ha detto...

L.L., sottoscrivo in pieno quanto da te affermato (anche su Rodotà, ovviamente); mi piacerebbe che qualcuno della redazione intervenisse e ci dicesse cosa ha impedito alla nostra di pubblicare CH. F.S., provaci tu

Frank ha detto...

L.L., non delude mai. O almeno io non ne resto mai deluso, perché le sue argomentazioni sono pure le mie, virgole comprese. Aggiungo solo che l'hastag corrieresciacalloraccoglie vari pareri sulla squallida operazione commerciale che ha fatto con la pubblicazione delle vignette nel libro, senza autorizzazione degli autori, perché è stato spiegato che ciò avrebbe costretto a ritardare l'uscita del volume e, a quel punto, sarebbe stata lontana l'emotività.
Appoggio pure la proposta di virgela e attendiamo lumi.