giovedì 26 novembre 2009

A proposito di sondaggi.

Sarebbe sacrilegio, caro Feticista Supremo, avviare il sondaggio sui migliori articoli di Repubblica e non prevedere, almeno nel primo di essi, una menzione al Fondatore, Eugenio Scalfari.
Vorrei allontanare questo inaccettabile rischio segnalando l’articolo di domenica scorsa “Il mondo degli uomini senza qualità”.
Sarò onesto: è un articolo bello, ma non appassionante nè memorabile (tema già trattato).
Scalfari si sofferma su quel tipo umano amorale che “non fa parte della classe dirigente se non in funzione servile. Servile, ma essenziale: ne riecheggia i desideri, ne soddisfa i bisogni, si incarica di condurre a termine le operazioni abiette, è la controfigura dei potenti quando si tratti di questioni troppo delicate e rischiose.”. Una genìa in forte crescita, scrive Scalfari spiegandone le cause, e di cui Berlusconi si serve, ripagandola generosamente.
Nel finale però Eugenio d'improvviso scarta e si rivolge all’esimio Pigi Battista, che la scorsa settimana aveva criticato sul Corsera i “professionisti dell’antiCaimano” (innominati, ma agevolmente identificabili) che, a suo dire, dall’aver combattuto Berlusconi hanno tratto onori e fama e che dalla possibile fine del berlusconismo rischiano (temono) di subire danni. L’articolo mi aveva infastidito assai, come accade invariabilmente quando leggo Battista e le sue prediche finto-terziste.
Ebbene, Scalfari procede contro Battista rovesciandone la domanda, ovvero: quando Berlusconi non ci sarà più (politicamente): “Che faranno i revisionisti di mestiere, gli specializzati a sostenere che il problema è un altro, che le questioni serie sono altre e chi parla male di lui peste lo colga? E i terzisti, caro Battista? I terzisti avranno ancora qualcosa da scrivere?”.
[Lunedì scorso Battista, nella sua mefitica rubrichetta, ha poi risposto inacidito a Scalfari, definendolo “il più autorevole e intransigente nella guerra santa al terzista”.]

Mi piace l’idea che si parta da qui nel primo sondaggio, dall’ affermazione cioè di un giornalismo che vuole essere di parte, che si schiera per far valere un punto di vista, per difendere i valori fondanti di una comunità civile, i valori della Costituzione, i valori della legalità contro l’ipocrisia del doppiopesismo, del terzismo, del cerchiobottismo. Contro quel giornalismo che, dietro le false insegne dell’equidistanza, mena sistematicamente fendenti al centro-sinistra reo di non migliorare il clima civile evitando critiche al governo (collabori piuttosto, scrisse poco tempo fa l’ineffabile Panebianco, così potrà ascriversi qualche merito!) e rinunciando a contrastare le iniziative legislative ad personam del Cav.
Noi siamo schierati. Ed è questo il giornalismo che io personalmente amo. Watch-dog, dicono gli anglosassoni. E Repubblica assolve egregiamente questa funzione.

Partiamo da qui. Da ciò che differenzia Repubblica dal Corriere della Sera. Come Scalfari ha ricordato a De Bortoli poco tempo fa, in un articolo che mi sarebbe piaciuto segnalare non fosse stato scritto ad ottobre.

Barbapapà

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