giovedì 22 novembre 2007

Ezio Mauro difende il suo scoop.



Riportiamo di seguito la versione integrale del fondo con cui oggi il direttore Ezio Mauro affronta la questione dell'inciucio tra Rai e Mediaset.

La struttura Delta di Ezio Mauro.

Una versione italiana e vergognosa del "Grande Fratello" è dunque calata in questi anni sul sistema televisivo, trascinando Rai e Mediaset fuori da ogni logica di concorrenza, per farne la centrale unificata di un'informazione omologata e addomesticata, al servizio cieco e totale del berlusconismo al potere. L'inchiesta di "Repubblica" ha svelato fin dove può arrivare il conflitto d'interessi, che questo giornale denuncia da anni come anomalia italiana, capace di corrompere la qualità della nostra democrazia.

Nel pozzo senza fondo di quel conflitto, tutto viene travolto, non soltanto codici aziendali e doveri professionali, ma lo stesso mercato, insieme con l'indipendenza e l'autonomia del giornalismo. Con il risultato di una servitù imposta alla Rai come un guinzaglio per un unico padrone, ben al di là dell'umiliante lottizzazione tra i partiti, e i cittadini-spettatori truffati e manipolati proprio in quella moderna agorà televisiva in cui si forma il delicatissimo mercato del consenso.

Ci sono le prove documentali di questa operazione sotterranea, che ha agito per anni alle spalle dei Consigli di amministrazione, della Commissione di vigilanza, dei moniti del Quirinale sul pluralismo dell'informazione. Si tratta - come ha documentato "Repubblica" - di un'indagine della magistratura milanese sul fallimento dell'Hdc, la holding dell'ex sondaggista di Berlusconi (e della Rai) Luigi Crespi, che è stato per un lungo periodo anche il vero spin doctor del Cavaliere.

Dopo il fallimento del gruppo, nel marzo 2004, sono scattate perquisizioni e intercettazioni della Guardia di Finanza. E gli appunti dei finanzieri sulle conversazioni telefoniche rivelano un intreccio pilotato tra Mediaset e Rai che coinvolge manager di derivazione berlusconiana e uomini che guidano strutture informative, con scambi di informazioni tattiche e strategiche, mosse concordate sui palinsesti per "coprire" notizie politicamente sfavorevoli al Cavaliere, ritardi truffaldini nella comunicazione al pubblico di risultati elettorali negativi per la destra: con l'aggiunta colorita e impudente di notisti politici Rai che si raccomandano a Berlusconi, dirigenti Mediaset che danno consigli alla Rai sulla preparazione del festival di Sanremo. E un lamento, perché durante le riprese televisive dei funerali del Papa, "Berlusconi è stato inquadrato pochissimo dalle telecamere".

Non si tratta, com'è evidente, soltanto di un caso di malcostume politico, di umiliazione professionale, di vergogna aziendale. E' la rivelazione di un metodo che mina alle fondamenta il mito imprenditoriale berlusconiano, perché sostituisce la complicità alla concorrenza, la sudditanza all'autonomia, la dipendenza al mercato. Il tutto in forma occulta, con la creazione di una vera e propria rete segreta che crea un "gioco di squadra" - come lo chiamano le telefonate intercettate - che ha un unico capitano, un unico referente e un unico beneficiario: Silvio Berlusconi.

Trasmissioni d'informazione, come quella di Vespa, per la quale il direttore generale Rai garantisce che il conduttore "accennerà al Dottore ad ogni occasione opportuna", dirigenti della televisione pubblica che quando vengono a conoscenza di un discorso di Ciampi a reti unificate per la morte del Papa hanno come unica preoccupazione quella di organizzare un contraltare di Berlusconi al capo dello Stato, che potrebbe essere messo troppo "in buona luce", serate elettorali in cui si decide di "fare più confusione possibile" nel comunicare i risultati "per camuffare la loro portata".

In che Paese abbiamo vissuto? La politica - avversari e alleati di Berlusconi, tutti quanti defraudati da questa rete sotterranea costruita per portare acqua ad un mulino solo - è consapevole della gravità di queste rivelazioni, che dovrebbero spingerla ad approvare una seria legge sul conflitto d'interessi nel giro di tre giorni? E il Cavaliere, quando sarà sceso dal predellino di San Babila dove le sue televisioni lo hanno inquadrato in abbondanza, vorrà spiegare che mandato avevano i suoi uomini (spesso suoi assistenti personali) mandati ad occupare posizioni-chiave in Rai e Mediaset, se i risultati documentali sono questi?

La realtà è che in questo Paese ha operato e probabilmente sta operando da anni una vera e propria intelligence privata dell'informazione che non ha uguali in Occidente, un misto di titanismo primitivo e modernità, come spesso accade nelle tentazioni berlusconiane. Potremmo chiamarla, da Conrad, "struttura delta". Un'interposizione arbitraria e sofisticatissima, onnipotente perché occulta come la P2, capace di realizzare un'azione di "spin" su scala spettacolare, offuscando le notizie sgradite, enfatizzando quelle favorevoli, ruotando la giornata nel senso positivo per il Cavaliere.

Naturalmente con le telecamere Rai e Mediaset che ruotano a comando intorno a questa giornata artificiale, a questo mondo camuffato, a questa cronaca addomesticata. In una finzione umiliante e politicamente drammatica della concorrenza, del pluralismo, dei diritti del cittadino-spettatore, alterando alla radice il mercato più rilevante di una democrazia, quello in cui si forma la pubblica opinione.

Lo abbiamo già scritto e lo abbiamo denunciato più volte, ma oggi forse anche la politica più sorda e cieca riuscirà a capire. In nessun altro luogo si è formato un meccanismo "totale", così perverso e perfetto da permettere ad un leader politico di guidare legittimamente la più grande agenzia newsmaker del Paese (il governo) e di controllare insieme impropriamente l'universo televisivo, con la proprietà privata di tre canali e la sovranità pubblica degli altri tre.

A mettere in connessione le notizie trattate secondo convenienza politica e i canali informativi, serviva appunto la "struttura delta", ricca del know-how specifico del mondo berlusconiano, specializzato proprio in questo. Da qui alla tentazione di costruire il palinsesto supremo degli italiani, manipolando paesaggio e personaggi della loro vita, il passo è breve. E se la mentalità è quella che punta ad asservire l'informazione alla politica, la politica al comando, il comando al dominio, quel passo è probabilmente quasi obbligato.

E' ora possibile fare un passo per uscire da questo paesaggio truccato, da questa manipolazione della nostra vita. Purché le istituzioni, la libera informazione, il mercato e la politica lo sappiano. Sappiano che un Paese moderno, o anche solo normale, non può sopportare queste deformazioni delle regole e della stessa realtà: e dunque reagiscano, se ne sono capaci. La stessa mano che domani proporrà le larghe intese, è quella che ha predisposto il telecomando con un tasto unico. E truccato.

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